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L'esplosione fu di tipo chimico-fisico, i cui "ingredienti" furono le sostanze chimiche presenti nel reattore (essenzialmente acqua e metalli) attivate dall'innalzamento di temperatura e pressione. Fu l'elevatissima temperatura a causare il surriscaldamento del nocciolo e a far raggiungere alla pressione di vapore dell'impianto di raffreddamento livelli esplosivi. Il danno ecologico del disastro non fu/è dovuto alle radiazioni emesse da un'esplosione nucleare bensì dalle radiazioni emesse da sostanze radioattive trasportate dalle correnti e dal vento, assorbite dal terreno o veicolate nell'acqua dei fiumi. 

Il reattore n°4, paradossalmente, era il più "giovane" dei quattro allora presenti nella Centrale e fu fabbricato nel 1983: la costruzione dell'impianto iniziò negli anni Settanta, il reattore n°1 fu consegnato nel 1977 e fu seguito dai reattori 2 (1978) e 3 (1981). Altri due reattori (il 5 e il 6, da 1 GW ciascuno) erano in fase di costruzione quando si verificò l'incidente.

Tutti i reattori condividevano la stessa architettura di base, essendo di tipo RBMK: reattori a canali, moderati a grafite e raffreddati ad acqua. Contrariamente a quanto sostennero terze parti, nessuno degli altri reattori della centrale fu coinvolto nell'incidente del 1986, nè direttamente nè indirettamente. L'isotopo 239 del plutonio è il prodotto fissile fondamentale per la maggior parte delle armi nucleari: la sua produzione è da sempre importante per le nazioni in possesso di un arsenale nucleare e per quelle aventi programmi di sviluppo del nucleare militare (l'interesse dell'ex U.R.S.S. per le armi nucleari durante la Guerra Fredda è ormai di dominio pubblico ed esistono voci, ovviamente non confermate, che centrali nucleari come quella di Chernobyl non servissero esclusivamente a produrre energia elettrica...).

Il plutonio-239 viene normalmente prodotto nei reattori nucleari esponendo a un flusso di neutroni l'uranio-238. Questo, acquisendo un neutrone, si trasforma in uranio-239 che, attraverso altri passaggi, si trasforma infine in plutonio-239. Al termine dell'esposizione, il plutonio-239 così formatosi risulta mescolato ad una ingente residua quantità di uranio-238 e a tracce di altri isotopi dell'uranio stesso, nonchè di eventuali altri prodotti di fissione (viene quindi purificato per via chimica).

Il plutonio 239 ha un tempo di dimezzamento (emivita) di oltre 24.000 anni e un tempo di completa neutralizzazione di circa 10 volte tanto. Il sistema RBMK era considerato vantaggioso dal punto di vista economico (e, di fatto, lo era) perchè, utilizzando grafite come moderatore, poteva sfruttare l'uranio naturale per fornire una buona resa: la grafite non assorbe neutroni.

L'uranio naturale è composto da una miscela di tre isotopi, il 234, il 235, e il 238, di cui quest'ultimo è il più abbondante (circa 99,3%). L'uranio 238, tuttavia, ha una predisposizione a interagire   con   i   neutroni   molto   inferiore    rispetto all'isotopo 235.

E' per questo motivo che oggi si tende a preferire l'impiego di "uranio arricchito", cioè di uranio che contenga più alte percentuali di isotopo 235. Dopo l'incidente di Chernobyl tutti i reattori RBMK rimanenti sono stati opportunamente migliorati: hanno lavorato con un numero ridotto di elementi di combustibile e contenenti uranio maggiormente arricchito, permettendo quindi una operatività relativamente sicura ma con costi decisamente più elevati. I sistemi di controllo sono stati ugualmente migliorati, in particolare eliminando i terminali di grafite dalle barre di controllo e ovviando così all'immediato aumento di potenza che si verificava al momento dell'inizio dell'inserimento.

Questa particolarità, come vedremo, è stata una delle cause dell'incidente nell'istante in cui le barre di controllo vennero inserite nell'estremo tentativo di fermare l'impianto. Quando si ferma un reattore che abbia prodotti di fissione nelle barre di combustibile del nocciolo, nasce un problema molto grave in vari reattori, problema noto come "avvelenamento da xeno".

Lo xeno-135 è un normale di fissione dell'uranio-235: quando quest'ultimo viene colpito da un neutrone, tra le possibili reazioni vi è quella che origina lo iodio-135 che in poco più di 6 ore e mezza decade in xeno-135; dopo poco più di 9 ore si ottiene poi cesio-135. Lo xeno-135 è un forte "assorbitore" di neutroni (la probabilità che un nucleo di xenon-135 catturi un neutrone è circa 4000 volte maggiore di quella relativa ad un neutrone che vada a produrre una nuova fissione urtando l'uranio!) e questa sua proprietà tenderebbe quindi a bloccare la reazione a catena. Normalmente questo non rappresenta un problema perchè, in un reattore che funziona a pieno ritmo, ulteriori neutroni distruggono rapidamente lo xeno che, addirittura, non fa neppure in tempo a decadere. Tuttavia, se il reattore si ferma, allora lo xeno tende ad accumularsi e ha luogo questo processo di "avvelenamento" che dura alcune decine di ore, finchè non decade tutto lo xeno stesso. A dispetto delle sue debolezze tecniche, il reattore RBMK era dotato, già prima del 1986, di un sistema di sicurezza automatico di buon livello nel suo insieme. In particolare i sistemi di controllo che segnalavano eventuali situazioni di rischio intervenivano automaticamente a spegnere il reattore in caso di necessità anche solo sospetta. Il problema è che questi sistemi vennero deliberatamente disattivati affinchè il test continuasse e, di conseguenza, non poterono salvare l'impianto.

Il reattore RBMK era diviso in due sezioni, ciascuna delle quali collegata a un turbogeneratore.

Il sistema di refrigerazione era complessivamente costituito da due circuiti indipendenti ognuno in grado di raffreddare una metà del nocciolo grazie a una serie di pompe preposte.

L'RBMK era anche dotato di un sistema di raffreddamento d'emergenza: non un sistema di contenimento vero e proprio bensì un "sistema di confinamento compartimentato": in pratica, una serie di ambienti che circondano il reattore e dentro i quali si sarebbe (teoricamente!) dovuta espandere la radioattività che l'incidente massimo (teorico!) previsto nel progetto avrebbe rilasciato...

Dettagli preliminari

Prima di passare alla trattazione vera e propria di quel che accadde nella centrale di Chernobyl il 26 aprile del 1986 mi sembra utile focalizzare l'attenzione su alcuni dettagli, alla luce di quanto detto fino ad ora, che torneranno utili come base per comprendere meglio le dinamiche di determinati eventi. Anzitutto, una precisazione sulla natura dell'esplosione che coinvolse il reattore n°4: contrariamente a quanto si possa erroneamente pensare, non si trattò di un'esplosione di tipo nucleare (non si verificò un'incontrollata reazione a catena come avviene in seguito all'impiego di armi nucleari  o  come  accadde  a  Hiroshima...).

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