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Dal 1986, comunque, le analisi degli eventi proseguirono e fu sempre Legasov a costruire le basi di quella che sarebbe poi stato il nuovo resoconto sulle responsabilità, presentato ufficialmente nel 1991.

Le nuove conclusioni di Legasov chiamavano in causa soprattutto:

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  • I difetti progettuali del reattore n°4 e, quindi, i progettisti dello stesso;

  • La mancanza di dialogo e trasparenza fra progettisti e tecnici, questi ultimi con una preparazione inadeguata a tenere sotto controllo la situazione alla centrale e privi di informazioni essenziali, conosciute ma da terze parti;

  • La ricerca pedissequa, da parte delle autorità, della maggior resa possibile derivante dalla centrale, persino a scapito dei fattori di sicurezza.

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Il sistema politico non accettò nè tollerò le posizioni di Legasov, il cui nome fu proposto due volte per l'onorificenza di "Eroe del Lavoro Socialista" e due volte cassato. Morì suicida nel 1988, proprio il 26 aprile.

Nel 1996 il Presidente Yeltsin gli concesse, alla memoria, il titolo onorario di Eroe della Federazione Russa per il coraggio e l'eroismo dimostrati durante la dura battaglia combattuta per attenuare le conseguenze del disastro di Chernobyl.

Gli abitanti di Pripyat rimasero esposti alle radiazioni ignari dell'accaduto per 33 ore. Soltanto nel pomeriggio del 27 aprile alla radio venne comunicato l'ordine di evacuazione di tutta la popolazione. Nel resto dell'Unione Sovietica la notizia venne diffusa il 28 aprile con uno scarno comunicato del notiziario della tv di stato: "Nella centrale nucleare di Chernobyl si è verificato un incidente. Uno dei reattori nucleari è stato danneggiato. Vengono adottate tutte le misure per la liquidazione delle conseguenze. Viene prestato soccorso alle persone coinvolte. E' stata creata una commissione governativa".

Nel procedere con l'evacuazione, fu detto ai cittadini di portare con sè pochi effetti personali, che sarebbero stati trasferiti in misura precauzionale e che in breve tempo avrebbero potuto far ritorno alle loro abitazioni. Le autorità sovietiche iniziarono quindi ad evacuare la popolazione dell'area circostante Chernobyl dopo circa 36 ore dall'incidente. Giunsero da Kiev decine di autobus, successivamente abbandonati in una sorta di cimitero di veicoli nella Zona, dove ancora oggi si possono osservare migliaia di mezzi civili e militari utilizzati per lo sgombero e la gestione delle operazioni. Entro maggio, tutti i residenti nel raggio di 30 km dall'impianto, circa 116.000 persone, erano stati trasferiti.

Una volta spenti gli incendi e tamponata l'immediata emergenza, nei giorni e nei mesi (e anni) successivi si procedette alle operazioni di recupero e di decontaminazione nel sito del reattore e nelle aree circostanti, così come alla costruzione del sarcofago, la quale richiese, complessivamente, 206 giorni.

Incaricati di queste operazioni furono i cosiddetti "Liquidatori".

In Bielorussia, Russia e Ucraina circa 600.000 persone, fra militari e civili, ricevettero speciali certificati e relativa medaglia, che, in base a leggi appositamente promulgate, confermavano il loro status di "Liquidatori". 

Sembra che essi ricevettero anche la promessa che, al termine di un monte ore di servizio sul sito  del  disastro, avrebbero avuto il diritto a una pensione anticipata di tipo militare. Altre stime basate su registri nazionali parlano di 400.000 e altre ancora di 800.000 individui. In ogni caso, furono 226.000-240.000 i Liquidatori che operarono nella zona in un raggio di 30 Km dalla centrale (la Zona, appunto) fra il 1986 e il 1987 e furono quelli che ricevettero la dose di radiazioni più critica. Il resto dei Liquidatori lavorò in aree oltre i 30 Km oppure negli anni fra il 1988 e il 1990, quando il livello di radiazioni si era già abbassato. I liquidatori erano quindi uomini, soprattutto civili, provenienti da tutta l'ex Unione Sovietica, impiegati, a scaglioni, per spegnere ed arginare gli effetti del disastro e, in pratica, per "liquidare" le conseguenze dell'incidente: ripulire la centrale, i villaggi e le strade, spostare (a braccia) il materiale contaminato, seppellire (con pale e badili) quintali di scorie e materiale radioattivi, lavare con getti d'acqua la struttura della centrale, i palazzi di Pripyat e le case dei villaggi, eccetera. 

I primi liquidatori vennero incaricati di prelevare i blocchi di grafite dal tetto per gettarli a braccia dentro allo squarcio dove si trovava il reattore. Erano sottoposti a turni di 40 secondi l'uno: dovevano uscire sul tetto, sollevare un blocco di grafite di circa 50 Kg di peso e buttarlo il più rapidamente possibile nello squarcio. Altri dovevano invece, con l'ausilio di un badile, spalare i detriti, sempre all'interno del reattore, protetti da indumenti che potevano garantire soltanto un minimo di protezione dalle radiazioni. 

Naturalmente i lavori andavano avanti h24 e, considerate le condizioni in cui versava il sito, l'unico modo per fornire un'illuminazione adeguata durante le ore notturne fu l'impiego di una sorta di dirigibile, noto come "il lampadario", al quale furono agganciati luci e fari.

Il 9 maggio 1986, le 5000 tonnellate di boro, dolomia, argilla e carburo di boro scaricate nei primi giorni sul reattore per spegnere l'incendio della grafite, crollarono dentro la voragine del reattore esploso: da questo ulteriore crollo si sprigionò una nuova nuvola radioattiva che causò un rilascio di materiale di fissione che si sparse in un raggio di 35 chilometri, già evacuati, attorno alla centrale. Secondo gli esperti vi erano buone possibilità che il nocciolo, ancora incandescente e pieno di attività, potesse sprofondare ulteriormente arrivando a contatto con l'acqua delle falde, causando così nuove esplosioni e la fusione del nocciolo.

Vennero allora chiamati dei Liquidatori che operarono come minatori: lavorando a braccia sotto il reattore, scavarono una sorta di tunnel per isolare la struttura soprastante dal terreno.

Tra i Liquidatori, infine, si trovano anche coloro che provvidero alla costruzione del sarcofago esterno di cemento e acciaio, lavoro che durò complessivamente 206 giorni. 

E' difficile, ora, immaginare quali sarebbero state le conseguenze del disastro se questi individui, i Liquidatori, non si fossero sacrificati per spegnere e ricoprire il reattore esploso.

Personalmente, quando correntemente sento parlare di "eroi", qualsiasi significato si desideri attribuire a questo termine, volgo in automatico il mio pensiero anche ai Liquidatori. Tutti loro.

i liquidatori

La Commissione d'Inchiesta, capitanata da Valeri Legasov, giunse a Pripyat la sera del 26 aprile.

Valeri Legasov era direttore dell'Istituto Kurchatov di Mosca, ove era stato progettato il reattore n°4, e titolare della cattedra di Tecnologia Chimica all'Università di Mosca.

Egli fu il primo, nell'agosto del 1986, a dare un vero e proprio resoconto ufficiale del disastro e delle dinamiche con cui era avvenuto, resoconto che imputava principalmente, e quasi esclusivamente, agli errori e al cattivo operato degli addetti alla centrale le cause dell'incidente.

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