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In alcune zone, visto che la propagazione delle radiazioni è a macchia di leopardo, i valori stimati superavano di oltre 5000 volte il valore riportato dagli strumenti meno efficienti ma, leggendo il misuratore, l'unica informazione ottenibile era che il livello di radiazione superava i 3,6 R/h: nessuno immaginava "di quanto".  Le misure di sicurezza adottate immediatamente dopo il verificarsi dell'esplosione coinvolsero migliaia di vigili del fuoco e militari, accorsi immediatamente sul luogo del disastro. Purtroppo, benchè la situazione apparisse oggettivamente critica, la città di Pripyat non venne evacuata immediatamente. Alle 05:00 del mattino alcuni incendi sul tetto e attorno all'area delle esplosioni erano stati estinti ma il reattore continuò a bruciare per giorni e venne spento con l'ausilio di elicotteri che sganciarono tonnellate di boro, silicati, sabbia e dolomia, gli unici materiali in grado di estinguere un incendio di tale natura ed entità. Ci volle una ventina di giorni per venire a capo di tutti gli incendi ma già a partire dal decimo giorno le emissioni radioattive erano diminuite di molto dopo che si era riusciti a spegnere la grafite, il cui fuoco era il maggior responsabile del lancio di radionuclidi in atmosfera. Inizialmente, il governo Sovietico cercò di tenere nascosta la notizia di un grave incidente nucleare. Certo, occorsero diversi giorni affinchè ci si rendesse conto della gravità effettiva della situazione ma, nonostante essa risultasse comunque disperata, un velo di omertà si stese sull'ex U.R.S.S. soprattutto a causa del delicato assetto politico europeo e mondiale dell'epoca. Ciononostante, poche ore dopo l'incidente le apparecchiature della centrale nucleare di Forsmark, situata a nord di Stoccolma, rilevarono alti livelli di radiazione nell'aria. I tecnici svedesi supposero, considerati gli alti valori riscontrati, che vi fosse una falla all'interno di una delle loro centrali e quindi cominciarono immediatamente a fare controlli in tutti i loro impianti.

Assicuratisi che le loro centrali fossero perfettamente integre e sicure, cominciarono a cercare altrove la fonte delle radiazioni e giunsero così fino in Unione Sovietica.

Chiesero spiegazioni al governo e perchè non fosse stato avvisato nessuno. Dapprima il governo sminuì la cosa ma ormai gli svedesi, con i loro controlli, avevano messo al corrente l'Europa intera che un grave incidente si era verificato in una centrale sovietica.

Di lì a poco, il mondo intero cominciò a fare pressione per avere ragguagli in merito e finalmente i sovietici rilasciarono le prime dichiarazioni pubbliche sull'incidente. Intanto sull'Europa intera cominciavano a riversarsi già piogge contaminate e le radiazioni si spargevano a macchia di leopardo su campi, villaggi e città, soprattutto in Bielorussia.

le prime ore dopo

Le autorità sovietiche inviarono immediatamente sul posto diverse squadre di pulizia e operatori, attrezzati di soli contatori Geiger e mascherine di tipo chirurgico, per effettuare rilevamenti in modo da farsi un'idea iniziale della reale portata del problema.

Le radiazioni nei pressi del reattore n°4 misuravano ben 20.000 Ròntgen/ora

Molti operatori furono esposti ad una dose mortale di radiazioni nell'arco di pochi minuti. La maggior parte degli strumenti di rilevazione a disposizione erano infatti in grado di effettuare misure solo fino a un massimo di 3,6 R/h.

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