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La prova era finalizzata a verificare se la turbina accoppiata all'alternatore potesse   continuare   a   produrre   abbastanza    energia elettrica sfruttando l'inerzia del gruppo turbo-alternatore anche nell'ipotetico caso in cui il circuito di raffreddamento non producesse più vapore. Mentre in un primo momento la responsabilità dell'incidente fu attribuita quasi completamente agli operatori dell'impianto, per gli errori commessi e le violazioni delle norme di sicurezza, nel 1991 fu diffusa una seconda ipotesi, che chiamava in causa anche e soprattutto le debolezze strutturali del reattore RBMK, con particolare riferimento alla progettazione delle barre di controllo. Probabilmente nessuna delle due versioni è in grado di valutare oggettivamente le percentuali di responsabilità nei vari ambiti del disastro ed è verosimile congetturare una serie di co-responsabilità da ripartire in modo proporzionale. Dei limiti tecnologici del reattore e dei rischi intrinseci ai materiali utilizzati abbiamo già parlato; le carenze di dialogo e trasparenza fra progettisti, tecnici e terze parti sembrano già evidenti e lo diventeranno ulteriormente fra poco; a questo si aggiunga che il personale addetto alla gestione dell'impianto non sembra fosse sufficientemente qualificato per far fronte a situazioni di emergenza o fuori dagli schemi: se da un lato gli operatori della centrale non erano a conoscenza dei problemi tecnici del reattore, dall'altro il direttore dell'impianto, Viktor Bryukhanov, aveva esperienza di impianti a carbone;il capo ingegnere, Nikolai Fomin, proveniva da impianti convenzionali; Anatoliy Dyatlov, capo ingegnere dei reattori 3 e 4, aveva solo una limitata esperienza con reattori nucleari e per lo più su piccoli esemplari di reattori VVER (altra tipologia rispetto agli RBMK). In particolare, il comportamento "contro-intuitivo" delle barre di controllo era ignoto agli operatori della centrale. Tutto questo potrebbe in qualche modo giustificare, almeno in parte, alcuni comportamenti discutibili; ce ne sono altri, tuttavia, che a mio parere rimangono gravi.

Furono commesse diverse violazioni delle procedure e questo, insieme alla scarsa comunicazione tra gli addetti alla sicurezza e gli operatori che dovevano condurre l'esperimento, contribuì di sicuro agli esiti infausti come tutti li conosciamo. 

In particolare, gli operatori disattivarono i sistemi di sicurezza automatici del reattore, operazione proibita dai manuali operativi dell'impianto.

Secondo il rapporto dell'agosto 1986 della commissione governativa, gli operatori estrassero completamente dal nocciolo almeno 204 barre di controllo delle 211 presenti, lasciandone inserite solo 7.

sulle responsabilita'

Difficile pronunciarsi in modo oggettivo sulle effettive responsabilità del disastro: di sicuro sono chiamati in causa imponderati errori umani, consapevoli violazioni delle norme di sicurezza, debolezze tecnologico-strutturali del reattore e una forte carenza di dialogo a più livelli, in generale per motivi politici ed economici. In ogni caso non esiste un individuo, singolo, cui sia possibile attribuire "la" colpa degli eventi.

Come ho accennato, l'incidente si verificò durante una "prova di sicurezza"  e saremmo tutti tentati di giudicare "fallimentare" sia la prova sia il livello di sicurezza. La realtà, ovviamente, non è così semplice.

Anche questa condizione era vietata dai manuali operativi, che ponevano a 30 il numero minimo assoluto di barre nel reattore RBMK in funzione.

Resta da considerare, inoltre, che nel 1982 il reattore n°1, a causa di manovre errate effettuate dal personale tecnico, subì la distruzione del proprio elemento centrale. L'esplosione, seppur infinitamente più piccola di quella che coinvolse l'unità n°4 nel 1986, provocò il rilascio di radiazioni nell'atmosfera ma il fatto non è mai stato reso pubblico prima dell'incidente del 1986. Soprattutto, e cosa forse ancor più grave, non furono prese alcune misure di sicurezza e l'impianto non fu in alcun modo migliorato per far fronte a futuri ed eventuali altri problemi. L'incertezza e la confusione che aleggiano intorno ai dati disponibili sulle cause e sulle responsabilità del disastro sono stati evidenziati anche dalle conclusioni dell'IAEA (International Atomic Energy Agency, Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica). Essa ha rivisto l'analisi dell'incidente attribuendo la causa principale al progetto del reattore, come suggerito nel 1991 anche grazie ai contributi di Valeri Legasov, e non agli operatori. Nel 1986 la stessa Agenzia aveva indicato invece negli operatori la causa principale dell'incidente. Forse, però, non si tratta solo di incertezza e confusione: ad esempio, sembra che all'Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) sia legalmente vietato diffondere informazioni che possano danneggiare l'immagine dell'IAEA.

Come risultato, sempre per fare un esempio, l'OMS non può che sottoscrivere le posizioni dell'IAEA quando questa attribuisce l'aumento di numerose patologie tumorali in determinate aree geografiche allo "stress" piuttosto che ad altri fattori.

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