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La repubblica

Al livello di guardia

 

Una vera e propria reazione a catena si è sviluppata nell'opinione pubblica, nella stampa e nelle televisioni, coinvolgendo persino scienziati di alto livello, a proposito delle notizie relative all'incidente avvenuto nella centrale elettronucleare di Chernobyl, a circa 130 chilometri da Kiev nell'Ucraina. E' ben nota l'emotività che produce qualunque notizia relativa al nucleare in quanto quasi sempre si confonde l' incidente in un reattore nucleare con l' esplosione di una bomba atomica. In proposito è indispensabile dare un chiarimento di fondo, pur tante volte invano ripetuto: una centrale nucleare non può esplodere come una bomba, nè un qualsiasi incidente può trasformare il reattore in una bomba. Diverso è il materiale in partenza. In una bomba l' uranio naturale è "arricchito" nell'isotopo fissile al 99 per cento, quindi essa è praticamente costituita solo da materiale capace di dare la fissione nucleare, cioè la scissione del nucleo atomico; invece, in un reattore, il cosiddetto "combustibile" è costituito da uranio naturale arricchito dell' isotopo fissile non oltre il 2,5-3 per cento; il che è una differenza sostanziale. Stabilito ciò, viene da chiedersi, anche alla luce delle più recenti notizie ufficiali, che cosa sia accaduto nella centrale di Kiev. Praticamente dai dati finora pervenuti, l' incidente appare analogo a quello avvenuto alcuni anni orsono in Pennsylvania nella centrale di Three Miles Island, cioò si è avuta una parziale fusione del nocciolo del reattore e quindi un rilascio di radionuclidi e di radioattività nell'atmosfera. Come si ricorderà l' incidente negli Stati Uniti fu, subito dopo le prime allarmanti notizie, ridimensionato e non si ebbero a lamentare vittime negli operatori e tanto meno nella popolazione civile, anche se, per alcune ore, una parte minima di questa fu allarmata ed in parte trasferita altrove.

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La Repubblica, 1 maggio 1986          

 

L'onda lunga della paura

 

Mai, in nessun paese del mondo, s'è dato il caso d' un incidente nucleare che abbia obbligato un governo a tenere sotto controllo medico una massa così grande di persone come sta ora accadendo in Urss dopo Chernobyl: più di 400 mila, di esse, almeno 100 mila, dovranno essere tenute sotto controllo per tutta la vita. Il dato complessivo si ricava agevolmente dalle informazioni diffuse nelle varie sedi sovietiche, in diversi momenti, a partire da quel tragico 26 aprile. E' un dato per un verso sconvolgente - perchè rivela l'ampiezza della catastrofe - e per un verso scientificamente rilevantissimo. L'indagine medica, infatti, può permettere, dopo Hiroshima, di aggiornare, sulla base di criteri di indagine più progrediti rispetto a quelli di allora, la conoscenza dei pericoli reali che derivano dalla radioattività. Si tratta di 400 mila persone di ogni età e investite dalle radiazioni a distanze molto diverse dalle vicinanze immediate, dal luogo dell' esplosione, a 100-150 chilometri. I sovietici non dicono nè quando l' indagine verrà conclusa nè se tutti i dati che se ne ricaveranno verranno posti a disposizione degli altri paesi.

 

La Repubblica, 7 giugno 1986          

 

"C'erano 200 tonnellate d'uranio"

 

MOSCA - Il reattore numero quattro della centrale nucleare sovietica di Cernobyl, esploso il 26 aprile scorso, conteneva 200 tonnellate di uranio, tre delle quali composte dall'isotopo attivo dell' uranio (l'uranio 235). Lo ha affermato Feoktistov, vice-direttore dell' istituto scientifico dell' energia atomica di Mosca. Lo scienziato, in un articolo pubblicato sul quindicinale ideologico del Pcus Kommunist, sostiene che l' esplosione ha avuto un carattere catastrofico perchè durante lo sfruttamento del reattore in esso si è accumulata circa una tonnellata di schegge radioattive. Per questo motivo l' avaria nella centrale nucleare di Cernobyl è stata accompagnata dall'emissione di isotopi radioattivi che hanno provocato una notevole contaminazione radioattiva dell' ambiente circostante. Feoktistov sottolinea che le misure necessarie per decontaminare la zona circostante e quella più distante, della centrale nucleare sono di più difficile attuazione e più costose di tutti i provvedimenti presi per la liquidazione delle conseguenze dell' avaria. D'altronde lo scienziato ribadisce che l' avaria si poteva evitare: bastava seguire scrupolosamente le misure previste affinchè ogni guasto dentro il reattore non provochi un' esplosione nucleare. Feoktistov fa inoltre presente che l' uranio 235 è molto più potente di quello contenuto in una bomba atomica. E' il motivo per cui occorrerà molto tempo prima che sia possibile liquidare le conseguenze dell' incidente nella centrale nucleare di Cernobyl. L' incidente ha tuttavia dimostrato, continua lo scienziato sovietico, che il controllo della sicurezza dei lavori nelle centrali atomiche è possibile solo nelle circostanze di una pace stabile. In caso contrario gli avvenimenti assumono inevitabilmente un carattere incontrollabile. Non solo una guerra nucleare, ma anche una guerra convenzionale, potrebbero avere conseguenze terribili per la distruzione di impianti industriali moderni e soprattutto delle centrali nucleari.

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La Repubblica, 8 novembre 1986          

 

Italia al terzo posto nella CEE per le radiazioni di Chernobyl

 

BRUXELLES - L' Italia è fra i paesi della Comunità europea più colpiti dalla nube radioattiva di Chernobyl. Siamo al terzo posto dopo la Grecia e la Germania ma molto prima di Irlanda, Olanda, Danimarca, Lussemburgo, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Spagna e Portogallo. Lo si apprende da un rapporto pubblicato in questi giorni dalla Commissione di Bruxelles e nel quale si analizzano le conseguenze dell' incidente nella centrale nucleare sovietica. Il rapporto si sforza di essere tranquillizzante ma non vi riesce del tutto come spesso accade in materia nucleare. Alle considerazioni rassicuranti segue sempre un però o un tuttavia che ne attenuano di molto la portata. Nel suo girovagare, la nube è entrata nei cieli della Comunità da Sud-Est scaricandosi innanzitutto sulla Grecia che presenta, ovviamente, i valori di contaminazione più elevati. E' salita poi sulla Germania ed è scesa in Italia prima di espandersi su tutta la Cee arrivando anche, con residui trascurabili, sino alla penisola Iberica. Il rapporto della Cee utilizza il sieverts, l' unità di calcolo dell' esposizione globale alla radioattività. Risulta che le dosi effettive medie assorbite nel primo anno dopo Chernobyl e da un neonato sono di 420 sieverts in Grecia, 230 in Germania e 160 in Italia. Il valore resta immutato in Grecia per i bambini di età superiore ad un anno e i ragazzi, diminuisce a 200 in Germania ma aumenta a 180 in Italia. Per gli adulti si scende in Grecia e Germania, rispettivamente a 370 e 190 sieverts, ma si sale a 210 in Italia che conquista così il secondo posto. La media di sieverts per gli adulti calcolata sui cinquanta anni ricolloca però il nostro paese al terzo posto. Si tratta di dosi irrilevanti, si affretta a precisare il rapporto, rispetto alla radioattività naturale assorbita dall' uomo e a quella derivante da pratiche mediche. Nell'intera vita, un adulto assorbe da 70mila e 140mila sieverts di origine naturale ai quali bisogna aggiungerne da 21mila e 35mila a pratiche mediche. Tutto bene, dunque. Ma resta una sgradevole sensazione nell'apprendere, è il rapporto della Cee a dirlo, che ci saranno un migliaio di cancri mortali causati nella Comunità direttamente da Chernobyl nei prossimi settanta anni. D'accordo, ancora una volta è statisticamente irrilevante di fronte ai 60 milioni di cancri mortali che si prevedono nell' Europa comunitaria nello stesso periodo. Ma la statistica, si sa, è una scienza strana e quei mille cadaveri in più lasciano quanto meno a disagio. Tanto più che il rapporto Cee usa sempre il condizionale ed avverte che una maggiore precisione della stima si potrà ottenere in futuro utilizzando basi di dati migliori. E ancora: Per quanto riguarda le stime attuali delle dosi assorbite, sembrerebbe che le opportune ricerche epidemiologiche volte a rivelare un eventuale incremento delle affezioni perniciose e genetiche dovute all'incidente di Chernobyl non sarebbero realizzabili nella proporzione necessaria per poter ottenere risultati statisticamente affidabili. Insomma, gli esperti brancolano nel buio. Un incidente del genere potrebbe prodursi nella Comunità? chiede a pagina 26 il rapporto dell' esecutivo europeo. La risposta è un no assortito dai soliti tuttavia. Poichè nella Cee si legge nel documento non esistono centrali nucleari che presentano le caratteristiche sfavorevoli di stabilità dei reattori Rbmk (quelli di Chernobyl, n.d.r.) e i criteri di separazione delle funzioni e dei circuiti di sicurezza sono interamente differenti, un incidente del genere non può essere considerato come un segno premonitore o un avvertimento di particolare importanza per la Comunità. Tuttavia, l' incidente di Chernobyl ha richiamato nuovamente l' attenzione su alcuni aspetti della lezione che si è dovuto trarre dall'incidente di Three Mile Island e cioè l' importanza del fattore umano e dell' interfaccia uomo/macchina, l' utilità di una struttura di confinamento adeguatamente progettata e costruita, nonchè la necessità di tener conto di una grandissima gamma di eventi concettualmente possibili nel valutare la sicurezza della progettazione e le possibili conseguenze dell' incidente.

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La Repubblica, 20 novembre 1986          

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